martedì 14 giugno 2016

Una parola chiave della scrittura autobiografica é TESSITURA

Il lavoro del tessere ha affinità profonde con ogni lavoro di creazione e con la stessa generazione di un essere umano. Nell’Africa del nord quando il tessuto è terminato, la tessitrice taglia i fili che lo legano al telaio, formulando contemporaneamente la benedizione che pronuncia la levatrice quando taglia il cordone ombelicale.” (osserva Sandro Spinsanti, medico che si occupa di etica medica, in un articolo apparso sulla rivista Janus, n. 1 2011, Trame di vita, trame di cura).

Possiamo quindi essere levatori/levatrici delle nostre storie. Il pensiero evidenziato è presentato in un'antologia che fornisco ai partecipanti al laboratorio, assieme a poesie, narrazioni, immagini... perché fungano da stimolo per la scrittura.

Sul ‘fare narrativo’, e dialogando sull’infanzia, Romano, ci dona una riflessione che lo porterà in seguito ad un approfondimento molto ampio sugli ‘sguardi’, quelli del passato e quelli di oggi:



Spesso mi incanto ad osservare i bambini, i loro occhi grandi spalancati sul mondo, il loro sorriso ammiccante che richiama il mio… e penso: chissà quali sguardi hanno incrociato il mio nei primi anni di cui non ho ricordo? Quanti mi hanno coccolato, lodato, evitato oppure incoraggiato…? Quanto di me è dipeso da quegli sguardi?
Ma è come cercare un granello di sabbia sulla spiaggia, non è vero?

Ora non importa più, ora vivo di altri sguardi.

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