lunedì 22 gennaio 2018

PROPOSTA PER FONDARE UN LABORATORIO DI ASCOLTO E AUTOBIOGRAFIA E FOTOGRAFIA



Buon anno 2018!!
Oggi vorrei proporre alcune pagine del mio libro e un laboratorio di ascolto e autobiofotografia.
La presentazione del 30 ottobre 2017, presso la Biblioteca Lame – Cesare Malservisi, contenuta in un messaggio precedente, è stata accolta con la buona presenza degli intervenuti e con il forte ascolto e interesse sul tema “Raccontarsi per fotografie, Fotografie per raccontarsi”.
Ne sono stata felice, è stato il coronamento del mio lungo lavoro di studio e di pratica.

Ora non mi voglio autoincensare, ma passare subito ad altra pratica.
Così in questo testo trascriverò alcune pagine del libro stesso, in particolare quelle dove indico cosa si può fare con il metodo autobiofotografico proposto e nel contempo comunicarvi che terrò un laboratorio di 4 ore per trattare alcuni temi che ritengo possano essere molto accattivanti e vicini ai nostri vissuti.

Il laboratorio si terrà il 10 marzo 2018 a Bologna.
Gli interessati possono contattarmi via mail all'indirizzo

angela.mazzetti2@alice.it
e chiedere approfondimenti circa il luogo e il programma.

Raccomando a chi mi legge e, prometto io stessa, la massima serietà.
Vi ringrazio per l’attenzione e vi indico il sito dove esaminare quali sono le altre possibilità di lavoro che propongo: http://autobiografia.altervista.org/
Un bel saluto a tutti. Angela

Ed ecco lo stralcio che offro oggi alla vostra lettura!

“La vita è una successione di immagini
che non si ferma nemmeno nel sonno”
Vittorino Andreoli
Da “La gioia di vivere” ed. Rizzoli

Pensare per fotografie

L’osservazione di Andreoli, coglie una realtà che conosciamo: in modo del tutto naturale, autonomo, il nostro inconscio produce immagini: i sogni. Notiamo quindi che non è il ‘fare’ che porta alla produzione dei sogni (talvolta di grande rilievo per l’aiuto da parte del terapeuta), ma il riposo.
È possibile allora che di giorno riproduciamo involontariamente queste forme, con i mezzi umani che nel tempo abbiamo avuto a disposizione?
La fotografia può essere un tramite per fissare i nostri pensieri e i sogni?
Lo ‘scatto’ nelle mie riflessioni è avvenuto -già annotavo- durante alcuni percorsi autobiografici predisposti per un lavoro di gruppo, nei laboratori, o con singoli interessati. Sono stati gli autobiografi che più faticavano nella scrittura, a narrarsi con una maggiore spontaneità di fronte a foto-ricordo, o ad immagini dell’ambiente abitato, dipinte o disegnate da loro stessi; o ancora con illustrazioni trovate per caso su riviste, in mostre di pittura o in fotografie di altri, percepite come pregnanti per i loro vissuti (in questo testo, più avanti, le chiameremo foto proiettive).

Come cogliere questi stimoli che sembrano segnare altre strade dalle quali prendere avvio, forse ancor prima delle parole (nell’oralità e/o nella scrittura) e che possano, anzi, agevolare e rafforzare la propria ‘voce’? Come cogliere la predilezione fotografica che nell’autobiografia pare restare quasi in secondo piano, quale forma accessoria allo sviluppo della scrittura di sé?
Forse la proposta che intendo offrire potrebbe non allettare chi ama conservare le immagini della sua vita in un’allegra caotica scatola o in qualche cassetto, a meno che non voglia dare una svolta, anche parziale, al suo affettuoso disordine, cercando le proprie orme più rilevanti. Né potrebbe attirare chi vuole creare un album fotografico che tenga conto di tempi cronologici, o suddiviso per capitoli in riferimento a viaggi, ad amici, a familiari, a panorami, eccetera. Questo è un ordine che ciascuno può dare alle proprie foto, solo che voglia mantenerle rintracciabili e disponibili per farne buona mostra all’occorrenza. Una sorta di ‘archivio’, una modalità sempre percorribile da chiunque abbia tale pazienza.

Da un album fotografico comunissimo, o da qualsiasi altra raccolta, potrebbe invece prendere il via un itinerario stimolante e intenso: a cominciare dalle fotografie, o anche soltanto con le fotografie, selezionandole dalla grande quantità di immagini che tutti possediamo. Esse potrebbero essere considerate non più accessorie o sintesi della scrittura autobiografica, ma protagoniste! Le istantanee possono proporsi come memoria della realtà vissuta negli anni, possono farsi utili spinte per l’emergere dei giorni dimenticati e diventare narrazione.
Scriveva infatti Staccioli: “Le immagini CI raccontano.”
Spetta a noi coglierne le storie, come cercherò di approfondire e spero che le mie ricerche siano diventate teoria e pratica duttili, chiare e fruibili. Ho scelto di scrivere questo testo quasi come un manuale, nel senso etimologico del termine: vorrei che fosse agile, da tenere sottomano in riferimento al proposito che approfondirò. Uno scritto aperto a nuove esperienze derivanti da altri incontri e conoscenze; pagine disponibili fin da ora al rinnovamento. Con questo intento divulgativo, riporterò, nella forma il più possibile semplificata, anche l’uso dei termini tipici di alcuni studi.

Dopo un attento esame del percorso tracciato, credo che ogni lettore potrà aver predisposto in sé l’atteggiamento idoneo (postura o posizione) per occuparsi delle proprie foto anche in autonomia e ad affidarsi al gioco stimolante memoria-narrazione. L’album non sarà più lo stesso e potrà esse sfogliato con quella lentezza tipica richiesta dal racconto, con quella calma necessaria a riprendere i fili di trame che non possiamo dare per scontate, ma ritenere passibili di arricchimento. Per approfondire la prassi che presento, ho letto molte pagine di alcuni pensatori e operatori nel campo dell’ascolto e dell’accompagnamento per aiuto, nell’ambito fotografico e autobiografico; poi mi sono esercitata con i miei album e i file per procedere verso proposte concrete ed efficaci.

Rivolgo quindi un invito a prendersi il tempo utile per… pensare per fotografie:

-    per predisporre ‘identikit’ personali, sviluppandoli con modalità originali per aprirsi alla creatività e provare a comprendere meglio se stessi da diverse angolazioni, con alcune semplici pratiche (l’identikit è un contenitore della propria identità; su questo leggeremo, tra qualche pagina, l’esperienza del noto fotografo: Luigi Ghirri);

-    per esplorare le radici familiari, ri-trovarsi, ri-comprendersi e ri-conoscersi; adulti, bambini e ragazzi possono accedere a questa opportunità facilmente, esplorare negli album di famiglia le tappe dei vissuti comuni e raccontarsi; e poi riconoscersi importanti l’uno per l’altro e, se del caso, tentare riconciliazioni. Nel caso di handicap verbale, o fatica nella scrittura, anche un bambino può arricchire la sua storia componendo le immagini. Se riesce a lavorare con le mani, i collages artigianali diventano descrittivi e visivamente utili ed efficaci;

-    per ritrovare luoghi attraversati, persone vicine e lontane. Non è raro che qualcuno, di solito un po’ avanti negli anni, mi dica con rammarico che ha dimenticato la propria infanzia, o la fanciullezza dei propri figli; sfogliare gli album di famiglia con il proprio partner o i figli stessi, oppure in laboratorio, permette in questi casi di fare emergere ricordi in abbondanza e di riprendere il filo narrativo interno che probabilmente si è interrotto;
-    per mettere a fuoco impronte di vita e approfondire l’ascolto e la cura di sé e degli altri (a livello personale, per gruppi e per chi si dedica a relazioni d’aiuto);

-     come sostegno durante percorsi di riparazione nelle perdite (in assenza di patologia): lutto, separazione, perdita dell’impiego…

-     come possibile chiave di accesso al personale bisogno di esprimersi (scelta dello studio, del lavoro o altri impegni), di accettarsi (cambiamenti del corpo, passaggi di vita, alimentazione, ecc.), di riappacificarsi;

-    per ritrovare la capacità di sintesi (rallentare il proprio pensiero e l’eccessiva loquacità, per fare riposare la parola in spazi di silenzio e creare meditazione), e/o provare a gestire una modalità espressiva poco attenta.

Altri casi potranno evidenziarsi durante l’esperienza. Dedicarsi ad un itinerario con istantanee consolida lo sguardo e l’attenzione; la modalità di osservazione della vita e la narrazione ne ricevono un impulso significativo.