Mi rivolgo a coloro che hanno avuto la pazienza di
seguire questo blog nonostante l’interruzione da settembre… Ci sono, eccomi
qua, ma sono stata molto presa da impegni pressanti e allora, ho dovuto
attendere per cercare i tempi di cura che la scrittura offre. Rallentare,
prendermi momenti di silenzio, non solo per riposare, ma anche per meditare sui
temi da pubblicare.
Sono stata aiutata da Odilia, che mi ha mandato da
tempo due testi. Ne trascrivo uno su “I miei piedi… cosa dicono di me?”
Anzi le chiedo scusa
per averla fatta attendere.
É un piacere oggi poterla pubblicare.
"Cara Angela, se i miei piedi potessero parlare, direbbero di me.....
Perché quando eravamo ancora piccini, ci
prendevi l'ultimo dito e lo arrotolavi agli altri?
Io, piccolo ditino andavo a scavalcare il quarto
e gli salivo sulla schiena. La gara con le altre bambine era questa...
resistere più a lungo possible con il dito storto appoggiato al suo vicino.
Finito il gioco, ero senza forze e, a volte,
perdevo sensibilità. Il camminare diventava difficile perché era come avere
solo quattro dita per piede.
Che dire poi delle scarpe ortopediche che ci imprigionavano tutto il
giorno, o delle sabbiature al mare? Quelle grandi buche scaldate dal sole
cocente ci obbligavano a stare immobili, ma appena si raffreddavano, via di
corsa nell'acqua a rinfrescarci.
Sai cara che seguirti e sorreggerti nella vita
non è stato facile? Cammini troppo svelta a volte, dovresti farlo più
lentamente e muovere le dita.... abbassa il tallone e solleva le dita, appoggia
la pianta e chiudi le dita.
Ti ricordi quando da bambina, scendevi le scale
di corsa pensando di volare?
Quella volta scivolasti fino in fondo alla rampa,
tagliandoti il mento.
Noi ti abbiamo accompagnata al pronto soccorso e
quando il medico si complimentò perché eri stata molto coraggiosa mentre ti
metteva i punti, noi ci siamo sentiti leggeri e in grado di volare nuovamente.
Adesso che siamo grandi, finalmente assaporiamo il relax; eccoci stesi in
attesa delle belle coccole che ci faranno dormire. Un caldo pediluvio, una
bella carezza, un massaggio tra le dita ed ecco fatto. Ti abbiamo sostenuta per
tanto tempo, a volte è stata proprio dura, soprattutto quando ci facevi entrare
in quelle altissime scarpe a spillo.
Il ritorno a casa e camminare nudi per terra ci faceva ritrovare noi
stessi.
Poi abbassasti i tacchi e per due volte ci hai presentato altri piedini che
hanno dato il senso al nostro esistere. Grazie.
Odilia
Rimando anche al sito metodologico
autobiografia.altervista.org