Se
qualcuno ha avuto la pazienza di leggere questi blog, avrà capito che questo
metodo non è sempre legato ad un’organizzazione metodologica di tipo
cronologico, ordinato ecc. Credo che i pensieri sui nostri giorni siano
disseminati e disordinati dentro di noi. Scriverne è importante, a partire da
qualsiasi punto, sarà poi il pensiero successivo sulla scrittura prodotta che potrà
riordinare il materiale. Su questo continuiamo…
Molti sono tornati dalle
vacanze, ma resta ancora tanto tempo –spero – per un’attività piacevole come
quella del CAMMINARE, lungo le strade preferite (di parchi o di colline) o come metafora del vissuto.
CAMMINARE è un modo di
ASCOLTARE IL MONDO/LA VITA MENTRE TRASCORRE O CI SCORRE DAVANTI. Non ci sono solo ‘scelte’ ed ‘obiettivi’, ma,
quando si fanno e si raggiungono, significa che abbiamo percorso ‘strade’ o
‘tappe’; se raggiunto, l’obiettivo rappresenta una conclusione, ma
l’osservazione vera avviene nel soffermarsi su ciò che troviamo lungo quelle
‘strade’, il più possibile. E’ l’interesse e la concentrazione che sviluppano
conoscenza.
Camminare rimanda ad
immagini e pensieri su come affrontiamo la vita. Riscopriamo allora il piacere di camminare, anche nel meditare, fino
alla scrittura. Sono dimensioni fortemente intrecciate! Incontriamo il mondo
mentre camminiamo e ricerchiamo noi stessi. L’altro e noi. In un rapporto con la concretezza
dell’esistere e, insieme con l’invisibilità della propria vita interna.
Un
rapporto che la scrittura consente di mostrare come ‘parola visibile’,
potenziando in tal modo le nostre attitudini riflessive e approfondendo la
nostra umanità. Ecco
quindi un altro modo di affrontare la scrittura:
MEDITARE,
RIFLETTERE, PENSARE
più compiutamente al tema:
I MIEI PIEDI… COSA DICONO
DI ME?
Cosa ci suggeriscono le osservazioni di Eloisa?
“L’ho pensato spesso: i miei piedi, a sessant’anni,
dicono della mia fatica.
Non ho avuto una vita ‘comoda’ e i miei piedi la
rappresentano.
A tante storture, pene, insulti della vita, ho offerto
spesso pazienza, ma anche dolore, inquietudine. Ho provato a trasformare le
pene e le storture in esperienza di vita, ho raccolto solidità; i piedi hanno
camminato abbastanza bene, seguendo tanti miei sogni e desideri.
A tratti veloci, a volte rallentati… Sarà per questa
corrispondenza, che quando mi sento stanca e affannata, ‘debbo’ rallentare. Non
riesco a tenere gli occhi aperti sul mondo, se i piedi si trascinano
stancamente e goffamente.
Forse i piedi, nonostante le scarpe, non sono ciechi!”
Rimando anche al sito ampiamente metodologico
autobiografia.altervista.org