mercoledì 7 settembre 2016

I MIEI PIEDI… COSA DICONO DI ME?

Se qualcuno ha avuto la pazienza di leggere questi blog, avrà capito che questo metodo non è sempre legato ad un’organizzazione metodologica di tipo cronologico, ordinato ecc. Credo che i pensieri sui nostri giorni siano disseminati e disordinati dentro di noi. Scriverne è importante, a partire da qualsiasi punto, sarà poi il pensiero successivo sulla scrittura prodotta che potrà riordinare il materiale. Su questo continuiamo…


Molti sono tornati dalle vacanze, ma resta ancora tanto tempo –spero – per un’attività piacevole come quella del CAMMINARE, lungo le strade preferite (di parchi o di colline) o come metafora del vissuto.
CAMMINARE è un modo di ASCOLTARE IL MONDO/LA VITA MENTRE TRASCORRE O CI SCORRE DAVANTI. Non ci sono solo ‘scelte’ ed ‘obiettivi’, ma, quando si fanno e si raggiungono, significa che abbiamo percorso ‘strade’ o ‘tappe’; se raggiunto, l’obiettivo rappresenta una conclusione, ma l’osservazione vera avviene nel soffermarsi su ciò che troviamo lungo quelle ‘strade’, il più possibile. E’ l’interesse e la concentrazione che sviluppano conoscenza.

Camminare rimanda ad immagini e pensieri su come affrontiamo la vita. Riscopriamo allora il piacere di camminare, anche nel meditare, fino alla scrittura. Sono dimensioni fortemente intrecciate! Incontriamo il mondo mentre camminiamo e ricerchiamo noi stessi. L’altro e noi. In un rapporto con la concretezza dell’esistere e, insieme con l’invisibilità della propria vita interna. 
Un rapporto che la scrittura consente di mostrare come ‘parola visibile’, potenziando in tal modo le nostre attitudini riflessive e approfondendo la nostra umanità. Ecco quindi un altro modo di affrontare la scrittura:

MEDITARE, RIFLETTERE, PENSARE più compiutamente al tema:
I MIEI PIEDI… COSA DICONO DI ME?

Cosa ci suggeriscono le osservazioni di Eloisa?

“L’ho pensato spesso: i miei piedi, a sessant’anni, dicono della mia fatica.
Non ho avuto una vita ‘comoda’ e i miei piedi la rappresentano.
A tante storture, pene, insulti della vita, ho offerto spesso pazienza, ma anche dolore, inquietudine. Ho provato a trasformare le pene e le storture in esperienza di vita, ho raccolto solidità; i piedi hanno camminato abbastanza bene, seguendo tanti miei sogni e desideri.
A tratti veloci, a volte rallentati… Sarà per questa corrispondenza, che quando mi sento stanca e affannata, ‘debbo’ rallentare. Non riesco a tenere gli occhi aperti sul mondo, se i piedi si trascinano stancamente e goffamente.

Forse i piedi, nonostante le scarpe, non sono ciechi!”


Rimando anche al sito ampiamente metodologico
autobiografia.altervista.org